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lunedì 25 marzo 2013

La dignità svuotata

 “ A Te, o grande eterno Iddio,
 Signore del cielo e dell'abisso,
 cui obbediscono i venti e le onde, noi,
 uomini di mare e di guerra, Ufficiali e Marinai d'Italia,
 da questa sacra nave armata della Patria leviamo i cuori.
 Salva ed esalta, nella Tua fede, o gran Dio, la nostra Nazione.
 Da' giusta gloria e potenza alla nostra bandiera,
 comanda che la tempesta ed i flutti servano a lei;
 poni sul nemico il terrore di lei;
 fa che per sempre la cingano in difesa petti di ferro,
 più forti del ferro che cinge questa nave,
 a lei per sempre dona vittoria.
 Benedici , o Signore, le nostre case lontane, le care genti.
 Benedici nella cadente notte il riposo del popolo,
 benedici noi che, per esso, vegliamo in armi sul mare.
 Benedici! “ 

La preghiera del marinaio che Salvatore e Massimiliano avranno sicuramente recitato a gran voce. Questa riflessione va a loro che nel mare tempestoso dove sono finiti, hanno perso tutto ma non la dignità. I due ragazzi, che ormai tutti chiamano marò (primo reggimento San Marco) sono campioni di dignità. Più di un anno fa hanno commesso un grave errore, hanno ucciso innocenti indiani scambiandoli per pirati, più di un anno fa, e da quel momento, nessuno di loro ha cercato vane giustificazioni a ciò che era accaduto. Hanno accettato in silenzio gli ordini. Lo stare lontano dalla famiglia. Lo stare lontano dalla patria. Ed ora addirittura si parla di pena di morte. Eroi. Eroi italiani come pochi. Militari basterebbe dire. Specchio di un Italia sempre più rara, che si perde in mezzo alla poltiglia di burocrati inetti non capaci di opporsi con forza al destino cupo che i marò sembrano avvicinare. E se anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa prende le parti dei due soldati, e Vendola parla di crisi gestita con i piedi, allora qualche domanda dovrebbe sorgere spontanea a chi di dovere. L’india ha sequestrato il nostro ambasciatore. Lui cosa c’entrava? E' ambasciatore non capro espiatorio, evidentemente per l’India “ambasciator porta pena”. L’India dice “non pena di morte”, i marò tornano, l’India dice “mai escluso la pena di morte”. Ma è uno scherzo? Due militari del Battaglione San Marco, umiliati prima da un provvedimento imposto ad una terza persona innocente, poi umiliati ancora dallo stesso paese che fino ad oggi hanno servito con onore e coraggio. Il paese che oggi li vede come due raccomandate da rimandare al mittente, così, da un giorno all'altro, cedendo ad un ricatto incivile di uno stato “civile”. E loro, Salvatore e Massimiliano accettano. Perché cosi devono fare. Perché hanno le stellette. Perché sono soldati. Obbediscono.
 Abbiamo ancora voglia qui, nel Bel Paese, di parlare di verità e giustizia?


scritto da: Gino

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